CANNABIS E CANNABINOIDI NELLA SCLEROSI MULTIPLA

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Introduzione

Gli studi sui cannabinoidi nella sclerosi multipla seguono due direzioni: quella di valutare i cannabinoidi come possibili trattamenti sintomatici e come eventuali trattamenti di base, analizzando le sue potenzialità neuroprotettive. In paesi come Canada, Gran Bretagna, Olanda e Belgio, farmaci a base di cannabis sono stati autorizzati da tempo per il trattamento di nausea e vomito nelle chemioterapie antitumorali, per l’anoressia in malati di AIDS e per il controllo del dolore nelle persone con sclerosi multipla.

Il 30 aprile 2013 in Italia è stato approvato Sativex, il primo farmaco a base di endocannabinoidi, per il trattamento della spasticità muscolare causata dalla sclerosi multipla. Per ulteriori informazioni guarda il Dossier Sativex.

Cosa sono i cannabinoidi

Nella pianta Cannabis sativa sono state identificate più di 400 sostanze chimiche differenti, oltre 60 delle quali appartengono alla famiglia dei cannabinoidi. Il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) è generalmente considerato il capostipite di questa famiglia di sostanze ed è quello su cui sono state effettuate più ricerche. Ma non è l’unico principio attivo della cannabis. Tra gli altri vale la pena in particolare di ricordare il cannabidiolo (CBD), un cannabinoide non-psicoattivo, privo cioè di effetti sul cervello, ma tuttavia in grado di modulare l’azione del THC a livello cerebrale, prolungandone la durata d’azione e limitandone gli effetti collaterali. È inoltre di per sé dotato di una certa efficacia quale farmaco anticonvulsivante e analgesico. Delle proprietà di molti altri cannabinoidi ancora si sa poco, ma non si può escludere che anch’essi contribuiscano a determinare in qualche modo gli effetti terapeutici della cannabis.

Come reagiscono i cannabinoidi

Nell’organismo umano – sia a livello del sistema nervoso centrale sia a livello delle cellule del sistema immunitario come i linfociti e i macrofagi – esistono recettori che “riconoscono” i cannabinoidi. Questo perché il nostro organismo produce normalmente sostanze simili ai cannabinoidi, gli “endocannabinoidi”. Un processo simile accade del resto per gli oppiacei, farmaci usati nella terapia del dolore, che agiscono grazie all’esistenza nell’organismo di recettori per gli “oppioidi endogeni”. I cannabinoidi interagiscono con due differenti recettori (recettori CB, di tipo 1 e 2). I recettori CB1 e CB2 sono distribuiti in maniera molto differente, con i CB1 sostanzialmente concentrati nel sistema nervoso centrale (talamo e corteccia, ma anche altre strutture) ed i CB2 sostanzialmente nelle cellule del sistema immunitario. Tali recettori sono fisiologicamente attivati dagli endocannabinoidi endogeni (prodotti dall’organismo stesso), in particolare dall’anandamide, un derivato dell’acido arachidonico prodotto dal corpo umano, con effetti simili a quelli del THC.

L’esatto ruolo fisiologico di tali sostanze nel nostro organismo è tuttora oggetto di indagine. In condizioni sperimentali la cannabis ha dimostrato di agire favorevolmente su molti dei complessi meccanismi che determinano l’apoptosi (morte “massiva” dei neuroni), per tali motivi farmaci contenenti cannabinoidi sono stati ipotizzati per il trattamento del morbo di Parkinson, della sclerosi laterale amiotrofica, e di altre patologie che comportano una “degenerazione nervosa”, compresa la sclerosi multipla, ove esistono fenomeni di neurodegenerazione, specie quando la malattia progredisce.

È stato dimostrato, inoltre, che alcune molecole derivate dai cannabinoidi sono in grado di ridurre l’infiammazione del tessuto nervoso e la perdita di mielina nell’encefalite allergica sperimentale. Infine, un’altra azione documentata dei cannabinoidi è quella sul cosiddetto “traffico leucocitario”, cioè sulla capacità dei globuli bianchi, le cellule immuni dell’organismo, di spostarsi dentro e fuori il cervello, per iniziare o continuare il danno ai tessuti nervosi.

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