venerdì, Gennaio 17, 2025

CRONACA DI UNA GIORNATA ASSURDA

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La giornata di oggi è stata una di quelle che ti segnano, non per grandi eventi ma per piccole e ripetute ingiustizie che si insinuano nella mente e nel corpo come spine invisibili. Il contesto è stato una visita medica per la patente speciale, in una struttura che, con il massimo rispetto per i paesi dei fratelli africani, rappresenta un’evidente inefficienza degna del terzo mondo.

Sotto una pioggia battente, sono stato costretto (nel senso che sono dovuto andare non obbligato) a uscire per fare una fotocopia di una ricevuta di pagamento. Già questo, nel 2024, è assurdo: impossibile inviare un’email per un semplice bollettino pagato. Ma l’assurdità non è finita qui.

Durante la visita, la cosa che mi ha devastato non è stata l’attesa, né il freddo umido che ti entra nelle ossa. È stata l’arroganza dei medici, l’atteggiamento di una prepotenza accesa, che si è manifestata alla mia richiesta di allungare i tempi per il prossimo rinnovo. La mia richiesta era motivata da un miglioramento delle mie condizioni, dalle terapie e dalla gestione di stress e ansia, ma la risposta è stata una minaccia: “Se continua così, la patente gliela togliamo.” Un’intimidazione che sa di ingiustizia, di potere esercitato senza empatia.

Come se non bastasse, alla fine della visita, con un’ironia pungente e fuori luogo, mi hanno augurato un buon Natale ed un arrivederci all’anno prossimo.

Perchè alla fine, la beffa è stata proprio questa: un rinnovo di appena un anno. Sembra quasi che vogliano costringermi a smettere di guidare la moto, come se questa piccola libertà personale dovesse essermi negata a tutti i costi.

E io, stretto tra rabbia e frustrazione, non ho potuto fare altro che incassare, ringraziare e ricambiare l’augurio. Perché, come recita un vecchio detto: “Quando sei martello, batti; quando sei incudine, statti.”

A peggiorare tutto, nel pomeriggio mi aspettava un’altra visita medica. Una giornata che sembrava decisa a mettere a dura prova ogni centimetro della mia resistenza psicologica. Ho potuto constatare, con amarezza, come i traguardi raggiunti in questi mesi — tra terapie, farmaci e gestione di stress e ansia — siano stati spazzati via in poche ore di esasperazione, sono riaffiorati tutti i sintomi che avevo in qualche modo cancellato.

Eppure, so che le cose non capitano mai per caso. Forse questa giornata è arrivata per ricordarmi che devo imparare a lasciar scivolare via certe cose e focalizzarmi su ciò che conta davvero. Ma non è facile.

Da quando ho scoperto la malattia, ho fatto scelte guidate non dalla convenienza, ma dall’Amore e dalla responsabilità. Sono tornato a vivere a Napoli per non lasciare sola mia Madre , fregandomene del rischio di perdere il lavoro. La “fortuna” — o forse il “destino” — si dice così, ha voluto che proprio in quel periodo arrivasse il Covid e che potessi continuare a lavorare da casa, in smart working.

Da allora, ho fatto come Muhammad Alì: ho incassato colpi su colpi senza andare al tappeto. Ogni giorno, ogni situazione di stress e ansia, ogni difficoltà, è stata un pugno che ho assorbito. Ma resto sempre dell’opinione che il problema reale sia un altro.

La mia paura più profonda è che la razionalità stia prendendo il sopravvento. E io con la razionalità non ho mai avuto un buon rapporto. La razionalità è fredda, calcolatrice, implacabile. Mi fa temere di smettere di credere in qualcosa di più grande.

Ma questa è un’altra storia.

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