#romaNapoli

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“ Marco, domenica hai una gara di atletica”

“ E caggia fa cu sta gara di atletica ?”

“ Si fa a roma, dopo andiamo alla partita”

“ ‘O mostr l’atletica”

Questo dialogo tra me e Papà fu il preludio di quella giornata, giornata indimenticabile, piena di ansia, follia, adrenalina.

Mi ritrovai a prima mattina, 25 ottobre 1987,
in un centro sportivo della capitale a correre i cento metri per un qualcosa che coinvolgeva Coni e banca di roma, papà lavorava lì all’epoca, contando i minuti che mi separavano dall’Olimpico.

Venivamo da cinque vittorie, una a tavolino, a Pisa, ma la sensazione era che il Napoli campione dell’anno prima fosse forte, ma quello con le toppe di scudetto e coppa cuciti sulle maglie, straordinario, potenzialmente imbattibile.

Careca e Francini per il Napoli più forte di sempre, quella era la fottuta sensazione.

Arrivai secondo, passammo da Zio Vittorio, il fratello di Nonno che viveva a roma praticamene da sempre, e poi direzione stadio.

Qualcosa era cambiato.

“Arapit l’uocchie, è malutiemp’ “

Quello era il passaparola 081, e che l’aria non fosse buona lo capimmo subito, si respirava tensione, ansia, le sciarpe scomparivano nei giubbini, i passi si facevano sempre più veloci.

Le gite a roma erano finite, questo ci raccontava l’aria all’esterno dell’Olimpico, cosa fosse successo non lo potevamo capire, ma la mano di papà strinse la mia, e non accadeva quasi mai, che io ero scurnus’ assai.

Ciò che vedemmo dalla curva nord ci confermó che le giarretelle si fossero inequivocabilmente rotte, non dimenticheró mai la scena del tifoso del Napoli che andava a salutare la Sud e fu ricoperto di insulti e di oggetti provenienti da quella che fino a poche ore prima consideravamo curva amica.

Li odiai con tutto me stesso, in modo feroce, irrefrenabile.

La mia voglia di rivincita e vendetta fu affidata al campo, a quel Napoli fortissimo, ma se era “malutiemp’” allo stadio, il rettangolo verde raccontava tragedia proprio.

Dopo lo zero a zero del primo tempo la ripresa in venti minuti ci consegnó in rapida successione il gol di Pruzzo, la reazione di Don Antonio su Collovati che gli costó il rosso ed il doppio giallo a Renica per una trattenuta a Boniek.

In nove e sotto di uno.

Un incubo.

“ Mannagg l’atletica e a roma”

Questo pensavo mentre Diego batteva l’angolo alla destra della porta sotto la loro curva.

Dopo un attimo la maglia azzurra numero 3 era in cielo ed il pallone sotto l’incrocio.

Giovanni Francini, uno a uno, praticamente un miracolo.

Non fu solo gioia, ma rabbia, il settore tracimava rabbia, ci fu esplosione di rabbia, questo il ricordo stampato nella memoria e questo mi raccontano i brividi che mi riaffiorano sulla pelle ripensando a quel momento.

Venti minuti infiniti per cercare di strappare un punto epico e non c’era più traccia dell’ansia di capire come avremmo portato a casa la pelle al triplice fischio, palla in rete e non c’era più spazio per pensieri e paure, non dovevamo perdere, non potevamo perdere, non lì, non quel giorno, solo quello contava.

Resistemmo, cazzo se resistemmo.

Salvatore ed il suo gesto dell’ombrello a fine partita rappresentarono tutta Napoli, emblema di una domenica scolpita nella storia e nella memoria.

 

McBlu76 La Napoli Bene

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