Minacciano disdette, sit-in, proteste, ribellioni di massa.
Loro.
Quelli che hanno annaspato nella merda per una vicenda, quella Suarez, grottesca, degna di un film di Alvaro Vitali e si indignano.
Parlano di regole, con una storia di arbitri chiusi negli spogliatoi e scudetti revocati mostrati nel loro catino di merda con l’odiosa arroganza degli impuniti.
E si indignano.
Una storia di biglietti, Ndrangheta e suicidi, roba da far accapponare la pelle, ma si indignano.
C’è un dossier di vergogna infinita relativo ad errori inaccettabili in epoca di var, ed oggi ci tocca ascoltare insopportabili piagnistei dovuti a non si sa bene cosa, figli di una presunta rimonta presente solo nella loro testa e nelle disonestà intellettuale dei servi delle carta stampata e delle cloache televisive.
Si indignano.
Si indignano dopo che ci è toccato assistere reiteratamente alle sceneggiate di un ex calciatore che assumeva le sembianze di una badante con il ciclo che sbraitava ed abbandonava il campo, Pavel Nedved, offrendo spettacolo indecente sulla falsa riga del bestemmiatore dei fruttini di Madrid.
Ma loro si indignano.
Una storia di doping archiviata e mai chiarita che tracima vergogna, però si indignano.
Un passato intriso di indecenza, di festeggiamenti con trentanove vittime innocenti lasciate a terra, di furti e soprusi, di vergogna perpetrata senza soluzione di continuità, ed oggi, dopo essere stati presi a pallonate sul campo, ed aver perpetrato rapine indelebili per anni su tutti i campi d’Italia, gridano allo scandalo ed al complotto.
Dopo aver mandato a puttane i conti per aver strapagato un calciatore che essenzialmente gli ha fatto ottenere gli stessi risultati di Matri e Padoin, si indignano.
Da Chiellini ad Evra sono scattati in tanti sull’attenti rivendicando quanto vinto sul campo, quello stesso campo palcoscenico dello scempio di San Siro, grazie al quale il buon Andrea festeggiava impunito un tricolore che raccontava di furto assoluto, partendo da roma con la Lazio passando per Firenze e Cagliari fino ad arrivare alla sera del 28 aprile.
Quello stesso San Siro teatro del gol di Muntari e quella stessa maglia protagonista del furto perpetrato ai danni dell’Inter anni prima.
E senza vergogna alcuna li ascolti ripetere come un mantra indecente la solita litania patetica e stantìa, che si aggrappa alla monetina di Alemao, al ridicolo Mertens a Crotone, ad Osimhen, quando basterebbe andarsi a rivedere un Catania giuve qualsiasi per capire la vergogna assoluta, il sistema marcio che comandava alla luce del sole senza vergogna alcuna.
Quindi, cortesemente, avessero la decenza di chiudere il cesso, tutti, uno dopo l’altro.
Una sorta di romanzo criminale, non una società di calcio.
Ma si indignano, loro.
McBlu76