Tipi di Stretching: Balistico, Dinamico, Statico, P.N.F e C.R.A.C.
- Stretching balistico;
- Stretching dinamico;
- Stretching statico;
- Stretching statico attivo;
- P.N.F.;
- C.R.A.C.
In questo articolo cercheremo di comprenderli meglio, di capire a cosa servono, quali sono i rispettivi punti di forza ed eventualmente di debolezza.

Stretching Balistico
Lo stretching balistico è il primo tipo di allungamento conosciuto e in genere non viene utilizzato nei centri sportivi, nelle palestre, e nei club perché è pericoloso in quanto sollecita il riflesso miotatico inverso.
Trattasi di un riflesso incondizionato che induce il muscolo, sottoposto ad una brusca tensione d’allungamento, a reagire con una rapida contrazione, rendendo alto il rischio di trauma muscolo-tendineo, caratteristica che ha reso altri tipi di stretching preferibili a questo. Il metodo dello stretching balistico è molto semplice, si arriva in posizione di massimo allungamento e poi si tenta di andare oltre questa posizione con un movimento brusco e violento.
Si sviluppa in 4 fasi:
- posizione di massimo allungamento;
- inizio pre-stiramento;
- continuo pre-stiramento;
- trazione violenta.
- Mantenere un allungamento costante, senza molleggi, da 10 a 30 secondi;
- Non superare mai la soglia del dolore;
- Far precedere lo stretching da un riscaldamento generale;
- Utilizzare un abbigliamento comodo;
- Praticare questo tipo di stretching in un ambiente possibilmente silenzioso, ben riscaldato, e su di un pavimento non freddo;
- Prestare attenzione a ciò che si sta sentendo, durante tutta l’esecuzione del movimento;
- Adeguare la posizione che si assume alle proprie reali possibilità e non ad un modello che si ha in mente;
- Non interrompere il respiro, e anzi far seguire il movimento al respiro, piuttosto che il viceversa;
- Alternare l’estensione dei muscoli agonisti con quella dei muscoli antagonisti (in gergo tecnico, “compensare” una posizione con la sua opposta).
- Programmare le posizioni da assumere nella seduta d’allenamento seguendo una logica (per esempio quella della compensazione).
Questo tipo di stretching è adatto a tutte le fasi di un allenamento, me è più istintivo utilizzarlo quando la muscolatura è già calda.
Stretching Statico Attivo
Lo stretching statico attivo prevede posizioni di grande ampiezza articolare, il cui mantenimento avviene solo grazie alla forza dei muscoli agonisti.
La tensione degli agonisti, in un allungamento attivo, aiuta a rilassare i muscoli che vengono allungati (gli antagonisti) tramite l’inibizione reciproca.
Lo stretching attivo aumenta la flessibilità attiva e rafforza i muscoli agonisti. Gli allungamenti attivi sono di solito piuttosto difficili da tenere per più di 10 secondi e raramente c’è il bisogno di tenerli per più di 15 secondi.
Molti movimenti (o allungamenti) che si trovano in varie forme di yoga, nel mat-work del Pilates, nella danza, come anche in molte figure della ginnastica artisitca soprattutto maschile, ma anche femminile, e in generale negli sport artistici, sono allungamenti statici attivi.
Stretching Globale
Tra gli approcci cosidetti globali, oltre ai metodi già citati (Mézières, Campo Chiuso, metodo Alexander), ci sono le tecniche dello yoga (definire lo yoga una tecnica di stretching è assai riduttivo, si tratta infatti di un approccio alla vita che permea tutti i suoi aspetti, di cui quello fisico è solo una parte), e l’allungamento muscolare globale decompensato, sui cui spenderò qualche parola.
Allungamento muscolare globale decompensato
Questo stretching avviene su un attrezzo chiamato pancafit®, che tiene in allungamento la catena muscolare posteriore, mentre è possibile eseguire esercizi d’allungamento specifici per altre catene.
L’idea di pancafit® nasce dal professor Raggi®, sulla base delle teorie della Mézières, la quale per prima scoprì che i muscoli poliarticolari sono embricati tra loro (si sovrappongono come le tegole di un tetto) in modo da formare delle catene muscolari, di cui la più importante è quella posteriore.
La catena posteriore, essendo antigravitaria, è coinvolta in tutte le stazioni, eccetto quella sdraiata, per questa ragione è la più potente ed è anche la più retratta.
In definitiva i muscoli sono collegati l’uno con l’altro dalle fasce che avvolgono i muscoli e dal tessuto connettivo, che a sua volta avvolge ogni componente del corpo; quando anche un solo muscolo per qualche ragione si accorcia (scarso movimento, traumi, tensioni, stress, dolore, eccesso di movimento, posture scorrette etc.), esso provoca un’azione sull’intera catena muscolare, la quale disturberà inevitabilmente tutta la struttura muscolo-articolare, fino ad arrivare agli organi.
Il dolore o l’infiammazione comparirà nel punto più critico, più “debole” della struttura; oppure nel punto dove c’è maggiore compressione articolare, rigidità o tensione. Qui inizieranno a manifestarsi problemi, dolore, infiammazione e, come ultima fase, degenerazione artrosica.
Questo è un allungamento muscolare fatto in postura corretta, cioè senza permettere “compensi”, meccanismi antalgici che il corpo adotta per sfuggire alle tensioni, ai dolori o a stimoli che reputa pericolosi per la propria sopravvivenza.
P.N.F
P.N.F. deriva dalle parole inglesi “Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation“, che in italiano significano “facilitazione propriocettiva neuromuscolare”.
Questo sistema di stretching è diviso in 4 tempi:
- si raggiunge il massimo allungamento del muscolo in modo graduale e lento;
- si esegue una contrazione isometrica per circa 15/20 secondi (sempre in posizione di massimo allungamento);
- si rilassa il muscolo lungo isometricamente contratto, per circa 5 secondi;
- si allunga nuovamente il muscolo (contratto precedentemente) per almeno 30 secondi.
L’intero procedimento è da ripetere per due volte. Questo tipo di stretching, viene usato molto nella terapia riabilitativa e, in molti casi, richiede l’intervento di una seconda persona.
C.R.A.C.
C.R.A.C. deriva dalle parole inglesi “Contract Relax Antagonist Contract“, che in italiano significano “contrazione, rilassamento e contrazione dei muscoli antagonisti”.
È simile al P.N.F., da cui si differenzia nella fase finale dell’allungamento. Prevede, infatti, l’intervento attivo (contrazione) dei muscoli agonisti del movimento.
Anche in questo caso è spesso necessario l’aiuto di una seconda persona che offre la resistenza durante la contrazione isometrica degli antagonisti, e che aiuti l’allungamento degli antagonisti nelle fasi di contrazione degli agonisti.
Sfruttando l’inibizione reciproca, il C.R.A.C. somma all’efficacia del P.N.F., quella dello stretching attivo.