La letteratura scientifica ha a lungo esplorato l’accumulo di metalli pesanti nei modelli animali e/o cellulari di sclerosi multipla e in persone con patologie neurodegenerative come il morbo di Parkinson, la demenza di Alzheimer e la sclerosi multipla. Due studi brasiliani di particolare rilievo, pubblicati rispettivamente nel settembre 2019 e nell’agosto 2020, hanno messo in evidenza l’importanza di valutare i livelli di alcuni metalli nelle persone con sclerosi multipla, suggerendo che tali metalli potrebbero alterare l’equilibrio ossidoriduttivo nel tessuto cerebrale.
Nel lavoro più recente, è stato osservato che le concentrazioni di metalli come berillio, rame, cromo, cobalto, nickel, magnesio e ferro erano diminuite nelle persone con sclerosi multipla rispetto a un campione di persone sane, mentre la concentrazione di piombo era significativamente più elevata. Gli studiosi suggeriscono che uno squilibrio tra alcuni elementi metallici potrebbe favorire lo sviluppo della sclerosi multipla.
Tuttavia, i risultati ottenuti da questi studi sono spesso non conclusivi, contraddittori o richiedono ulteriori ricerche approfondite. Queste conclusioni derivano principalmente da tre fattori: la necessità di un ampio numero di soggetti negli studi di associazione, la presenza di stili di vita che possono agire come fattori confondenti, e la scarsa omogeneità nella misurazione dei metalli nei liquidi biologici.
Particolare attenzione è stata rivolta a mercurio, piombo e arsenico. Ad esempio, il mercurio, presente in diverse forme, è stato associato all’insorgenza di malattie autoimmuni e a potenziali danni al DNA, ai mitocondri e alle membrane cellulari. Tuttavia, studi su ampie popolazioni non hanno confermato un’associazione diretta con la sclerosi multipla.
Per quanto riguarda le terapie chelanti, utilizzate per rimuovere metalli tossici dall’organismo, la loro efficacia nel trattamento specifico della sclerosi multipla non è ancora stata scientificamente provata. Nonostante alcuni studi preliminari abbiano mostrato risultati incoraggianti, mancano ancora conferme scientifiche ampie e ben documentate.
La questione delle amalgame dentali, un tempo comunemente impiegate per le otturazioni e contenenti mercurio, è stata oggetto di diverse ricerche. Nonostante alcune revisioni abbiano suggerito un leggero aumento del rischio di sviluppare sclerosi multipla, la maggior parte degli studi non ha trovato prove sostanziali di un collegamento diretto.
In conclusione, mentre le ricerche continuano, è fondamentale che le persone con sclerosi multipla mantengano una buona igiene dentale e consultino professionisti per consigli specifici, soprattutto in presenza di sintomi che possono interferire con l’igiene orale quotidiana. La complessità e la varietà dei fattori coinvolti nella sclerosi multipla richiedono un approccio olistico e ben informato alla gestione della malattia.