sabato, Luglio 27, 2024

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L’Influenza Incomparabile di Miles Davis

Miles Davis è stato una figura titanica nel mondo della musica del XX secolo, una forza propulsiva nel jazz che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della musica. La sua carriera, che si è estesa per oltre cinque decenni, è stata caratterizzata da una continua evoluzione e sperimentazione, portandolo a attraversare e spesso a definire i vari stili di jazz, dal bebop alla cool jazz, dal modal jazz al jazz elettrico e fusion.

Nato a Alton, Illinois, nel 1926, Davis fu introdotto alla musica già in giovane età, grazie ad un padre dentista che era anche un appassionato cavaliere e un madre che suonava il violino. Fu tuttavia la tromba, regalatagli all’età di 13 anni, a diventare il suo strumento e la sua voce. Miles iniziò la sua educazione musicale con Elwood Buchanan, un amico della famiglia e trombettista, che insistette affinché evitasse il vibrato, un consiglio che contribuì a plasmare il suo stile distintivo, caratterizzato da un suono pulito e diretto.

Il giovane Davis si trasferì a New York sotto il pretesto di frequentare la Juilliard School, ma la sua vera intenzione era quella di immergersi nella scena del bebop. Ben presto si ritrovò a suonare con Charlie Parker, uno dei padri del bebop, e questo periodo fu fondamentale nello sviluppo della sua tecnica e della sua sensibilità musicale.

La carriera di Miles ebbe una svolta con la nascita della “Birth of the Cool” sessions, che segnarono la partenza del movimento della cool jazz. Queste registrazioni non solo sfidavano le strutture del bebop, ma introducevano anche un approccio più rilassato e contemplativo, con arrangiamenti che permettevano agli strumenti di intrecciarsi in modo innovativo.

Il suo approccio al jazz divenne ancora più innovativo con l’introduzione del modal jazz, che raggiunse l’apice con l’album “Kind of Blue” del 1959, considerato da molti come il più grande album jazz di tutti i tempi. La musica di Davis si concentrava sull’improvvisazione basata su scale o modi, piuttosto che su complesse progressioni di accordi, permettendo una libertà espressiva mai sentita prima nel jazz.

Negli anni ’60 e ’70, Davis continuò a sperimentare, avventurandosi nel jazz-rock e nella musica elettrica con album come “Bitches Brew”, che lo ha posto alla guida della scena fusion. La sua musica in questo periodo era densa, pulsante e carica di energia, una fusione di jazz, rock, funk e musica elettronica che ha diviso i critici ma ha attirato un pubblico più ampio e diversificato.

Nonostante alcuni periodi di ritiro dovuti a problemi di salute e alla sua turbolenta vita personale, Davis continuò a esplorare nuovi orizzonti musicali fino alla sua morte nel 1991. La sua ultima fase artistica vide un ritorno a sonorità più tradizionali, ma sempre con quell’aura di sperimentazione che lo ha sempre contraddistinto.

Miles Davis non era solo un trombettista di talento e un genio musicale; era un iconoclasta, un visionario e un leader carismatico che non aveva paura di rompere le barriere e sfidare le convenzioni. Con la sua figura elegante, il suo atteggiamento da “cool cat” e la sua musica avvincente, Davis ha incarnato l’essenza del cool e ha contribuito a definire il moderno concetto di jazz.

 

So What – 1960

“So What” è senza dubbio una delle tracce più emblematiche di Miles Davis, e potrebbe benissimo essere considerata la sua opera migliore. Questo brano è il pezzo di apertura del suo rivoluzionario album “Kind of Blue”, che non solo ha riscritto le regole del jazz, ma ha anche tracciato un percorso per la musica moderna in generale.

La traccia inizia con l’iconico basso introduttivo di Paul Chambers, un motivo semplice ma ipnotico che pone le fondamenta per quello che segue. La sezione ritmica fornisce una base solida ma discreta, permettendo la libertà di esplorazione che caratterizza l’intera composizione. Quando Davis entra con la sua tromba, la sua melodia è direttamente riconoscibile, limpida e senza fronzoli, trasudando la sua filosofia di lasciare lo spazio tra le note a parlare tanto quanto le note stesse.

“So What” è un esempio perfetto del jazz modale; la struttura del brano si basa su pochi accordi e modi piuttosto che su complesse progressioni di accordi. Questo permette agli artisti di esplorare melodie e ritmi senza essere confinati dalle restrizioni armoniche tipiche del bebop. Il solista qui ha la libertà di dipingere con una tavolozza più ampia, e Davis, insieme a John Coltrane al sax tenore e Cannonball Adderley al sax alto, sfrutta magistralmente questa libertà.

Il risultato è una performance che è meditativa e intensa, rilassata eppure carica di una sottile tensione. “So What” rappresenta una delle più alte espressioni del genio di Davis, un pezzo che non solo ha definito il suo stile, ma ha anche segnato un’epoca nella storia della musica. La capacità di Davis di innovare all’interno della forma, di spingere i confini e di creare spazio per l’espressione personale è ciò che rende questa traccia un punto di riferimento impareggiabile.

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